#chiara n.24: coraggio
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#chiara n.24: coraggio
/co-ràg-gio/ s.m 1 Capacità di affrontare con forza d'animo situazioni pericolose, difficili, penose SIN audacia, ardimento: battersi con c. || farsi c., farsi forza || fig. prendere il c. a due mani, decidersi ad affrontare di petto una situazione 2 Sfacciataggine: ha il c. di pretendere lui delle scuse; con valore antifrastico, viltà: che c. trattare così un vecchio - In funzione di escl.: coraggio!, invito a farsi forza, a superare una difficoltà - In funzione di agg., coraggioso: madre c.
tempo di lettura: 7 minuti
Audentes fortuna iuvat. Il destino favorisce chi osa.
Un’esortazione che Virgilio fa pronunciare a Turno, nell’Eneide, affinché i suoi uomini attacchino Enea. Si combatte la paura della morte appellandosi al fato e al coraggio.
Anno 2023: la fortuna aiuta le audaci?
Ogni mattina una donna si alza e sa che dovrà impegnarsi per realizzarsi. No, non c’è di mezzo una battaglia epica e nemmeno un leone e una gazzella. E sì, di sicuro ci vuole coraggio.
A decidere cosa diventare e perseguire il proprio progetto, anche quando la strada non è propriamente quella che ci si era immaginata. A decidere di fare un figlio o di non farlo, per esempio.
Insomma, ci vuole coraggio nel compiere delle scelte.
Il motivo? Perché lei, la paura, è lì. Senza paura del resto il coraggio è solo scelleratezza.
Ma attenzione, la paura non è un’antagonista cattiva, è la nostra ancora di salvezza, la nostra alleata. Dobbiamo imparare ad ascoltarla, non lasciare che ci immobilizzi trascinandoci nel buco nero dell’inazione.
Usiamo la paura e trasformiamola in coraggio.
E allora, visto che siamo in vena di citazioni latine,
per aspera ad astra: attraverso le asperità si giunge alle stelle.
Cara amica, Chiara di maggio con il suo coraggio è qui: buona lettura.
In questo numero di Chiara:
- cosa c'entrano Attila Flagello di Dio, Anna Karenina e i Rage Against the Machine con il coraggio? Ce lo racconta Alessandra Ingoglia nel suo editoriale
- un apparecchio per i denti, un fidanzato ingegnere, la passione per la sala operatoria: ecco la storia di Manuela Appendino, ingegnera, del cuore, biomedica
- ci vuole coraggio a fare impresa: come, perché e con chi, raccontato dalla nostra formatrice Giorgia Carloni
- da Parigi a Copenaghen per un po' di serendipity con semi di sorellanza e la nostra nuova rubrica #tramedisorellanza
- volano vocali: il titolo dice già tutto
- oggi esageriamo, non 3 bensì 4 books in the box
- si parla di Passerella: no, non di sfilate, ma di Piano C Factory Parma
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.CouRAGE AGAINST THE MACHINE
a cura di Alessandra Ingoglia - Segretaria di compagnia teatrale
Quando mia madre – che è di Salerno e, anche non volendo ricorrere a vieti stereotipi, ha sempre avuto un innato talento melodrammatico – quando mia madre, dicevo, voleva sottolineare la crudezza e la peculiarità di un'azione umana affermava, facendo risuonare nell'aria la sua voce da mezzosoprano e rivolgendo all'interlocutore uno sguardo obliquo: “Ci vuole un coraggio barbaro...”.
Pausa teatrale – per lasciare il tempo di assimilare la portata di queste parole e ricavarne un'immagine precisa.
Ecco, io mi figuravo Il Barbaro – che nella mia mente aveva le sembianze di Diego Abatantuono in “Attila Flagello di Dio”, intento a compiere orride nefandezze (scaccolarsi, mangiare il tegolino senza essersi lavate le mani, cincischiare la gomma-pane per farne munizioni per la cerbottana e altre azioni che mio fratello – non io, lo giuro – compiva a cadenza quotidiana).
Ed è il mio primo ricordo della parola “coraggio”, ancor prima del suo uso nelle sfide tra bambine e bambini, dove la locuzione “Scommetto che non hai il coraggio!” dava la stura ad azioni:
a) ributtanti (mangiare nutella e sottaceti)
b) crudeli (verso gli animali, spesso e volentieri)
c) potenzialmente mortali (lasciarsi scivolare seduti sopra un sacco vuoto dell'immondizia giù da una scala sconnessa e coperta di neve. Che terminava in strada)
Non sono mai stata tanto perversa da lasciarmi trascinare nelle sfide di tipo b), preferivo quelle di tipo a), mio fratello mi coinvolgeva in quelle di tipo c), lasciandomi davanti nella discesa verso la morte. Ma, come si può intuire, i suoi piani sono falliti.
Sul terreno del coraggio e degli ambiti in cui esercitarlo casca, manco a farlo apposta, l'asino del patriarcato. Spiace per l'asino.
.che storia quella di Manuela!
Un apparecchio odontoiatrico, un fidanzato ingegnere, la passione per la sala operatoria. Manuela Appendino ha trovato il coraggio di non mollare per realizzare il suo più grande obiettivo: diventare ingegnera biomedica e portare un contributo dal valore tangibile nell’ambito medico chirurgico e STEAM.
Manuela Appendino, parla in modo accurato e preciso, sceglie le parole con attenzione, senza fretta. Come una chirurga che utilizza con precisione certosina il bisturi, così lei racconta della sua professione con minuzia e scrupolo.
Viene da una giornata di lavoro passata con il team di chirurghi vascolari e urologi con cui il giorno dopo dovrà entrare in sala operatoria. Insieme hanno lavorato per prepararsi agli interventi che dovranno affrontare. No, Manuela non è medico, è ingegnera biomedica.
L’ingegnera del cuore, l’hanno soprannominata, per la passione che mette nel suo lavoro e per la professionalità e competenze che ha acquisito sul campo, in cardiologia. E, un piccolo cuore tatuato sull’avambraccio destro è lì, a ricordarle che ha fatto bene a non mollare, anche quando tutto sembrava invocarla di abbandonare il suo progetto.
.chiaramente
“Dobbiamo essere disposti a lasciar andare la vita che abbiamo pianificato,
in modo da vivere la vita che ci sta aspettando.”
Mi piace partire da qui, da una citazione e un autore, Joseph Campbell, che mi stanno particolarmente a cuore, perché credo che intraprendere un percorso di autoimprenditorialità sia innanzitutto questo. E sì, il coraggio ne è un ingrediente fondamentale per “varcare la soglia” di quel nuovo mondo.
Ecco 5 suggerimenti per iniziare a fare impresa, seriamente.
Suggerimento 1: Appiccica al muro i tuoi perché.
Torna lì quando ti capiterà di scivolare nella nostalgia per la strada sicura.
Stai partendo per un viaggio, controlla cosa hai in valigia e cosa dovrai procurarti per strada.
Ci sono aspetti assolutamente soggettivi e intangibili, eppure determinanti:
la fiducia in te stessa,
la dedizione al progetto,
una mentalità rivolta ad apprendimento e crescita.
Poi ce ne sono altri più tangibili e misurabili:
tempo,
denaro,
competenze tecniche e di business,
rete.
Suggerimento 2: Mappa le risorse a tua disposizione e quelle di cui devi andare in cerca.
I prossimi passi hanno a che fare con la comprensione profonda del mercato di riferimento. Molte idee sono basate sulle caratteristiche intrinseche di un prodotto o servizio. Ma queste caratteristiche, per quanto eccezionali, nulla possono se non sono allineate ai bisogni di un potenziale cliente e se non hai ben chiaro come la tua offerta si posiziona nel mercato.
Le tue priorità sono:
raccogliere informazioni dal mercato,
verificare che la tua idea abbia un mercato potenziale,
che ci siano realmente delle persone interessate,
focalizzarti in primo luogo sul soddisfare un bisogno reale.
Insomma, per capire se la tua idea funziona devi porti e porre tante domande, anche scomode, anche a rischio di veder smentita la tua ipotesi iniziale, non temendo di sbagliare ed evitando la paralisi da analisi, così come la ricerca spasmodica della perfezione. Altro tallone d’Achille tutto femminile.
Strumenti chiave in questa fase: Buyer Personas, Empathy Map, questionari e interviste di validazione.
.semi di sorellanza
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a volte basta poco per sostenersi a vicenda.
Lasciare la propria casa e andare all’estero è un atto di coraggio vero e proprio. Comprare casa a Parigi, ancora di più. È quello che ha fatto e che racconta Chiara Gandolfi, verbal designer, nel suo cahier Stylo.
E dalla vita parigina facciamo un salto nell’hygge danese con Silvia Montis, nomade digitale e travel blogger, da 9 anni ha lasciato la Sardegna per vivere a Copenaghen. Una malattia sconfitta diventa la molla per capovolgere la sua vita e iniziare a viaggiare da sola, per andare oltre la paura e realizzarsi: tra le sue passioni più grandi ci sono infatti i viaggi, quelli lenti, a piedi e con lo zaino in spalla.
Un tatuaggio è per sempre. O quasi. Ma comunque anche in questo caso serve un bel po’ di coraggio, soprattutto se il rumore della macchinetta ti ricorda il dentista. Martina Rifici tatua e disegna emozioni in quel di Roma.
Se però non c’è verso di fare un tatuaggio vero e proprio c’è sempre Titooforyou, tatuaggi temporanei di design. Un team di 4 supergirls che hanno dato vita a Progettini temporanei niente male.
E se fai parte del gruppo LinkedIn Piano C Alumnae per te c’è
#tramedisorellanza.
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Valeria, social media manager di Piano C, raccoglie le vostre segnalazioni per trasformarle in un post del piano editoriale.
.volano vocali
A volte è necessario ripassare dal via.
Proprio quando credevamo di aver fatto un passo avanti sulla questione dell’utilizzo del femminile nei nomi di professioni, ecco che il concertone del Primo maggio ci regala un momento di favoloso hype sull’argomento.
Ambra rivendica il suo disagio a parlare solo di vocali.
In realtà basterebbe davvero poco, probabilmente qualche ora di linguistica fatta bene durante la scuola primaria camuffata da educazione civica e, nel giro di un paio di generazioni nessuno si scandalizzerebbe al suono di architetta.
Le regole della lingua italiana infatti permettono tran-quil-la-men-te la desinenza femminile per le professioni.
E quindi? Usiamole.
E se le rimostranze più agguerrite dicono che è cacofonico - però dire cacofonico non gli pare brutto e lo dicono - la verità è che è tutta questione di abitudine. A forza di sentir pronunciare la parola architetta, non sembrerà più così strana, bizzarra o brutta.
La questione dove sta?
Nel coraggio di pronunciare quelle parole, quelle vocali così pregne di significato, pronte a generare vivide immagini. No, non sono “solo vocali”. Raccontano il mondo in cui viviamo, ci dicono molto di noi e del nostro modo di pensare, costruiscono la nostra personalità, forgiano la nostra mente, contribuiscono a creare una nuova realtà paritaria, a scalfire, vocale dopo vocale, il famoso tetto di cristallo.
Perché, guarda caso, i nomi declinati al femminile che danno maggiormente fastidio e guai a chi li pronuncia, sono quelli che indicano ruoli di prestigio. No di certo netturbina, operaia, sarta, ma ministra, ingegnera, sindaca, avvocata.
Insomma, non dovremmo nemmeno utilizzare l’espressione rivendicare il diritto di usare il femminile, perché si tratta di apprendere le metacompetenze linguistiche.
Se tutti infatti possediamo le competenze linguistiche e le apprendiamo inconsciamente, sulle metacompetenze ci sarebbe da fare un corso accelerato. Solo una piena conoscenza dei meccanismi linguistici infatti, ci evita di cadere nella trappola delle resistenze accompagnate della critica più frequente: suona male.
Suona male solo ciò che contrasta con gli stereotipi culturali.
Ed è proprio quello che spiega magistralmente e con una semplicità disarmante, la professoressa Giuliana Giusti, docente di Studi linguistici e Culturali Comparati alla Ca' Foscari di Venezia nel suo corso online Linguaggio, identità di genere e lingua italiana giunto alla nona edizione. 18 ore di corso.
Ed è gratis.
È vero, parlare di vocali è un disagio, ma lo è solo perché dovrebbe essere un fatto assodato, delle regole grammaticali esistenti che basterebbe mettere in atto. Ma fino a quando ce ne sarà bisogno continueremo a parlarne. Così come continueremo a parlare di gender gap, lavoro di cura non retribuito, stereotipi di genere, maternità, cuscinetti linguistici, senza tralasciare nulla.
Se c'è una crisi la mandiamo via
Perché i problemi tuoi sono problemi miei
Proprio come cantavi tu, Ambra, possiamo riuscirsi. Insieme.
.books in the box
Hai mai contato quante autrici erano presenti nel tuo libro di letteratura durante le superiori? Vera Gheno sì: 12 su 157.
In Parole d’altro genere. Come le scrittrici hanno cambiato il mondo, la nostra sociolinguista del cuore, ci porta in un viaggio appassionante nella scrittura femminile, quella definita di nicchia o di genere. Ci racconta 42 scrittrici, da Saffo fino alla giovane poetessa siracusana transgender, classe 1994, Giovanna Cristina Vivinetto. Partendo da un lemma, che ha un legame speciale con l’autrice scelta e i suoi testi, la Gheno sviluppa un ragionamento, suscita riflessioni, mostra il salto di pensiero che queste autrici hanno fatto fare al mondo. Questa è l’antologia che avremmo voluto avere tra le mani sui banchi di scuola.
Una mamma misteriosa e affascinante, che si prende cura della sua bimba ma è pronta per l’avventura, armata con ferri da maglia, gomitoli e una spada come bagaglio. Le magnifiche illustrazioni di Emmanuelle Houdart ci stupiscono con i dettagli da scovare: ora volpe, ora lupa, indossa ali di uccello per volare e cantare, ripiegandole in una gabbia, piangendo.
Un simbolismo denso che spoglia la figura materna dalla visione edulcorata presente nei libri per l’infanzia accompagnato dal testo di Stéphane Servant: parole essenziali, delicate, che arrivano dritte al cuore. Una madre, con la sua dolcezza e premura ma anche e soprattutto una donna piena di passioni, inquietudini e desideri propri. Mia madre: un albo da collezione.
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Il coraggio di decidere – Approcci e storie di saggezza decisionale è diviso in tre parti. Si inizia con i temi chiave: il coraggio, la saggezza decisionale, la leadership, il management per proseguire con una parte di workout vero e proprio e mettere subito in pratica la saggezza decisionale nella propria vita.
Infine, l’ultima parte è quella dedicata alla raccolta di storie di imprese coraggiose e sagge. Aboca, Illy, Pastiglie Leone solo per citarne alcune. Il libro è curato da Annalisa Galardi, consigliera della Fondazione Adriano Olivetti: ed è proprio il modello di Adriano Olivetti che fornisce un’ispirazione per radicare la visione del futuro in un passato che ha ancora la forza di ispirarci.
Noi, ragazze senza paura: 8 donne italiane, tutte diverse tra loro, alcune note, altre meno note o sconosciute. Ma tutte 8 indipendenti, fuori dagli schemi, coraggiose.
Daniela Palumbo racconta le vite di Margherita Hack, Denise Garofalo, Franca Rame, Franca Viola, le maestre marchigiane, Ilaria Alpi, Alda Merini e Teresa Mattei. Scienziate, giornaliste, maestre, rivoluzionarie, un giorno hanno guardato in faccia le loro paure e hanno detto "no". A volte pagando un prezzo altissimo, a volte semplicemente scegliendo di vivere la propria vita così come desideravano. Il loro gesto ha rotto con il passato, abbattuto muri, scardinato pregiudizi e, soprattutto, tracciato la strada per il più grande sogno di ogni ragazza a venire: la libertà. Il regalo perfetto per nipoti e figl* di amiche e amici.
.le news di Piano C
Piano C Factory a Parma: è tempo di passerella!
Si è conclusa la prima fase del percorso gratuito di riprogettazione professionale, reso possibile grazie al sostegno di Fondazione Cariparma nell'ambito del progetto Digital EmpowHer, con la passerella delle 30 partecipanti: una giornata densa di emozioni e di progetti concreti, pronti per essere realizzati.
"Il vero significato del coraggio è avere paura
e poi, con le ginocchia che tremano e il cuore che batte,
fare comunque il salto.
Oprah Winfrey
.be brave
Chiara di maggio non può che concludersi così.
Sii coraggiosa.
socializziamo
Speriamo di averti ispirato e come sempre, grazie di averci letto! Se ti fa piacere puoi darci il tuo feedback scrivendo a dillo@pianoc.it o commentando i nostri post sui social. Alla prossima parola!
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#Chiara è un lavoro collettivo. A maggio ringraziamo:
Fabiola Noris curatrice - Alessandra Ingoglia editorialista - Manuela Appendino storia del mese - Giorgia Carloni autrice box chiaramente - Laura Chiarakul grafica